Quando nel 1935 il medico portoghese Egas Moniz seppe che dopo un esperimento di rimozione dei lobi frontali, due scimpanzé avevano ridotto significativamente i loro comportamenti violenti, decise di tentare la procedura con gli esseri umani. Nel 1936 Moniz riuscì nel suo intento: sviluppo’ una tecnica chirurgica che prevedeva la trapanazione in vari punti del cranio e la distruzione della sostanza bianca dei lobi frontali. Dopo aver eseguito la lobotomia, allora chiamata leucotomia prefrontale, su diversi pazienti ignari, Moniz pubblicò un documento in cui dimostrava gli effetti benefici ed innovativi della procedura su persone malate di mente. Dal 1945 al 1947 furono eseguite 2000 lobotomie che salirono a 18.000 dopo che Muniz ricevette nel ’49 il Premio Nobel per la sua scoperta.
Un altro medico che diffuse la procedura negli Stati Uniti fu Walter Freeman che trovò un modo per rendere l’operazione ambulatoriale. Il tessuto del lobo frontale veniva raggiunto non più attraverso dei buchi nel cranio ma attraverso i dotti lacrimali, inserendo un punteruolo chirurgico in grado di trapassare lo strato osseo appena al di sopra della palpebra. La Lobotomia transorbitale, così venne chiamata, era una procedura molto rapida che consentì a Freeman di operare in soli sette minuti. Il medico viaggiò in tutto il paese in un furgone chiamato Lobotomobile eseguendo lobotomie, anche in ambienti non sterili, su 2.400 pazienti.
La procedura ebbe un enorme seguito probabilmente a causa del fatto che non esistevano farmaci o terapie efficaci a sufficienza per trattare le persone che soffrivano di varie malattie mentali. Un intervento eseguito non solo nei casi più gravi come la schizofrenia ma anche in persone con crisi d’ansia o che soffrivano di depressione o semplici sbalzi di umore. Anche la disinformazione sui tremendi effetti collaterali, come per esempio il regredire ad uno stato infantile o l’incontinenza, e al contrario la campagna che ne dichiarava l’efficacia ebbero il loro impatto. Freeman stesso fotografò i suoi pazienti prima e dopo gli interventi, utilizzando le immagini come argomento a favore della lobotomia. Nelle foto si vede chiaramente il cambiamento nei volti dei pazienti: da espressioni tormentate a volti sereni, probabilmente divenuti inconsapevoli. Immagini che mettono in luce il cambiamento d’aspetto dei malcapitati che “grazie” all’intervento hanno alleviato principalmente il disagio che le malattie avevano causato ai loro familiari.
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Una pratica indegna, una vera e propria vergogna, come tante altre usate in psichiatria ancora oggi con il beneplacito del Ministero.
una pratica bestiale, ma oggi lasciare in giro pazienti schizofrenici paranoidi senza cure e senza ospitalizzazione mi pare peggio.