La città fantasma di Pripyat è famosa in tutto il mondo per essere stata vittima del disastro nucleare di Chernobyl, ma non è stato il solo luogo dell’Unione Sovietica in cui sono avvenuti incidenti nucleari. Infatti, il governo sovietico era solito non divulgare notizie di tali episodi, sebbene ce ne siano stati molti. Una particolare installazione, conosciuta come City-40, fu il primo complesso sovietico di produzione di plutonio e teatro di tre grandi incidenti nucleari. Fino agli anni ’90, City-40 non compariva nemmeno sulla mappa, non c’erano segnali stradali che ne indicassero l’esistenza, e i suoi abitanti non esistevano, almeno ufficialmente. La città è in totale isolamento, e non è possibile recarvi lì. Ma nonostante il completo isolamento, gli abitanti non sono entusiasti all’idea di lasciare la loro città. È un paradosso comune a tutte le città chiuse, un fenomeno che esiste ancora nel mondo contemporaneo. Nel 2001, il governo russo riconobbe l’esistenza di 42 città chiuse, ma si stima che ce ne siano almeno altre 15.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, i detenuti ai lavori forzati iniziarono a costruire la segreta città City-40 dove i sovietici producevano plutonio
Nel 1945, circa 40.000 detenuti furono prelevati da 12 campi di lavori forzati e, insieme agli scienziati nucleari, iniziarono la costruzione di strutture nucleari sotterranee. I condannati russi accettarono di lavorare lì in cambio di uno sconto della pena. Furono loro offerte due possibilità: 25 anni di lavori forzati in Siberia o 5 anni nel sottosuolo di City-40. Il primo reattore nucleare fu costruito in 18 mesi e altre strutture vicine vennero costruite in seguito. L’area fu chiamata Ozersk. I lavoratori non sapevano che stavano firmando la loro condanna a morte. Nessuno avrebbe vissuto oltre i cinque anni dopo essere stato esposto a livelli così elevati di radiazioni.
La città non era sulle mappe o nel censimento ufficiale sovietico, i suoi abitanti non esistevano
La città, che ora è chiamata Ozersk, fu chiamata in codice City-40 (o Chelyabinsk-40 e Chelyabinsk-65 negli anni successivi). È stato il luogo di nascita del programma sovietico di armi nucleari ed è ora noto per essere uno dei luoghi più contaminati del pianeta. Eppure, molti degli abitanti della città continuano a vivere lì nonostante i terribili rischi per la salute. Da quando è stata fondata nel 1947, Ozyorsk è circondata da doppie recinzioni di filo spinato e sorvegliata da guardie armate, essendo la città costruita attorno alla centrale nucleare di Mayak.
Le persone furono convinte a vivere a City-40 perché fu offerto loro un tenore di vita molto elevato
Le persone che si trasferivano in una di queste città chiuse ottenevano più benefici di quanto qualsiasi altro cittadino dell’Unione Sovietica poteva immaginare: lavori ben pagati, una buona istruzione, un alloggio con tutti i comfort. I negozi nelle città chiuse erano pieni di cibo, a differenza di altri nel resto dell’Unione Sovietica. La gente poteva comprare frutta esotica, dessert, bei vestiti e profumi. Gli abitanti venivano viziati. Più di tre generazioni si sono succedute, ma poco è cambiato: Ozersk è sede della maggior parte delle riserve nucleari della Russia ed è più segreta che mai (anche se dal 1994 è stata collocata sulla mappa).
A causa del mancato rispetto per la sicurezza, numerosi incidenti si sono verificati nella centrale nucleare, contaminando una vasta area
Tra il 1945 e il 1957, lo stabilimento di Mayak scaricò e disperse grandi quantità di materiale radioattivo nell’area immediatamente circostante l’impianto. I rifiuti finirono anche in un vicino fiume, il Techa, e alla fine raggiunsero l’Oceano Artico. Gli scienziati stimano che la quantità di contaminazione da radionuclidi sia stata 2-3 volte quella rilasciata dalle esplosioni nel disastro di Chernobyl. Un simile disprezzo per la sicurezza fu causa di un disastro che ebbe luogo nel 1957. Un serbatoio sotterraneo di rifiuti nucleari liquidi impropriamente immagazzinati esplose e contaminò migliaia di chilometri quadrati del territorio ora noto come East-Ural Radioactive Trace (EURT). Molte persone morirono di cancro provocato dalle radiazioni, alcune furono diagnosticate con la sindrome da radiazioni croniche. Circa 470.000 persone vennero esposte alle radiazioni.
Le autorità insabbiarono tutto e la gente non sapeva di vivere in un’area radioattiva
Per quasi 30 anni, i sovietici insabbiarono tutta la vicenda e negarono che fosse mai successo (in realtà, anche il governo USA era un esperto dell’insabbiamento. Continua a leggere). Dopo l’incidente, cessarono di scaricare materiale radioattivo nel fiume, ma venne invece gettato nei laghi poco profondi vicino alla centrale. Un lago particolarmente contaminato, il Lago Karachay, viene chiamato “il lago del plutonio” o “lago della morte” dagli abitanti del posto ed è conosciuto come il luogo più contaminato della Terra. Nel 1967, il lago Karachay si prosciugò diffondendo polvere radioattiva su una vasta area. Nonostante la forte contaminazione e i rischi per la salute, più di 80.000 persone vivono ancora nella città di Ozersk, vicino allo stabilimento di Mayak.
La maggior parte degli abitanti è orgogliosa di vivere in una città chiusa, ma non sanno che viene spesso chiamata il “cimitero della Terra”
Immagine: Дмитрий Карпунин
Ad oggi, Ozersk è in gran parte contaminata e viene a volte definita il “cimitero della Terra”. Ma la maggior parte dei residenti non vuole ancora andarsene. Anzi, al contrario, le persone sono state indotte a credere di essere state “prescelte” dalla Russia e persino ad essere orgogliose del loro status di cittadini di una città chiusa. Samira Goetschel, regista del documentario del 2016 “City-40”, ha una volta detto ai media: “Per far sì che queste persone restassero, non sarebbero comunque fuggite, ma solo per assicurarsi che fossero felici di vivere lì, il governo ha creato per loro un paradiso. Avevano tutto quello di cui avevano bisogno e molto di più rispetto al mondo esterno dove la gente non aveva assolutamente nulla. E non si trovavano su nessuna mappa; erano uno stato all’interno di uno stato. Le loro identità erano state cancellate. Non esistevano fuori dalla città. E, per me, era praticamente come entrare in un episodio della Twilight Zone. È come se queste persone non vivessero in questa dimensione”.
Ma per quanto molti siano giustamente portati a condannare il comportamento del governo sovietico e russo, la cosa interessante è che il concetto di città chiuse non è un’idea sovietica, ma è stata rubata invece dagli Stati Uniti. Le spie sovietiche intercettarono infatti i piani per la centrale nucleare militare di Hanford, e Stalin, indietro sul fronte degli armamenti nucleari, decise semplicemente di copiare l’idea americana di una città che circonda un impianto nucleare militare. Così, ne costruì una. È da notare come, dal 1944 al 1971, l’impianto nucleare di Hanford scaricava regolarmente materiale radioattivo nel vicino fiume Columbia, innalzando così i livelli di radiazioni nella zona, fatto che venne mantenuto segreto dal governo USA.
Ma sovietici semplicemente fecero quello che gli americani avevano già fatto. Infatti, l’impianto nucleare militare di Hanford ha ispirato City-40
La verità è che c’erano molte città segrete durante la Guerra Fredda da entrambe le parti, e alcuni siti sono ancora funzionanti oggi, anche in USA. Ad esempio, puoi prendere la Mercury Highway dalla I-95 in Nevada e guidare fino alle porte di Mercury, in Nevada (popolazione: sconosciuta).
Peccato che, una volta lì, se decidi di ignorare i cartelli di divieto, delle gentili guardie armate ti faranno immediatamente allontanare. Come Ozersk, anche l’americana Mercury è ad oggi chiusa ai visitatori.
Segui Keblog su Google News!