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12 persone sopravvissute miracolosamente a eventi mortali

Trovarsi faccia a faccia con la morte e sopravvivere. Nei film d’azione succede spesso. I personaggi principali sembrano quasi invincibili, affrontano sfide disumane e non muoiono.

A volte però succede anche nella vita reale che persone normali superino prove impossibili ed ingannino la morte.

Vi presentiamo 12 storie di persone che hanno affrontato e superato miracolosamente eventi mortali e sono tornate indietro per raccontarli!

1. Dionisio Pulido, l’uomo che ha trovato un vulcano nel suo cortile

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali l0calher0 / reddit

Dionisio Pulido, insieme alla sua famiglia, la mattina del 20 febbraio 1943, si apprestava al lavoro nei campi come sempre: lo attendeva la semina primaverile del grano. I campi in cui lavorava si trovavano vicino al villaggio di Parícutin, in Messico. Mentre faceva il suo lavoro, Pulido, spostatosi nel pomeriggio in un campo diverso, incappò in un piccola collina che era comparsa improvvisamente, sulla cui cima c’era una piccola crepa. Pulido era piuttosto perplesso, visti anche dei piccoli tremori che erano stati avvertiti nella zona nei giorni precedenti, ma non era particolarmente preoccupato, così voltò le spalle alla collina e si rimise a pulire un arnese. Improvvisamente un forte frastuono fece tremare la terra, Pulido si voltò e vide che la collina era cresciuta a quasi 2 metri di altezza e stava spargendo cenere grigia nell’aria. Il contadino che per un soffio non era finito nella crepa allargatasi, terrorizzato fuggì dal campo alla ricerca della sua famiglia. Nel giro di 24 ora da quando Pulido aveva scoperto la collinetta, il vulcano (chiamato Parícutin) aveva raggiunto le dimensioni di 150 metri di altezza.

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali Ed Clark/The LIFE Images Collection/Getty Images

2. Vesna Vulović, la donna che è sopravvissuta a una caduta di 10.160 metri

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ASSOCIATED PRESS / East News

Il 26 gennaio 1972, l’assistente di volo Vesna Vulović decollò con un volo della Yugoslav Airlines da Copenaghen a Belgrado. Sopra la Repubblica Ceca l’aereo è improvvisamente esploso a causa di una bomba, mandando la ventiduenne in caduta libera per 10.160 metri. Fu ritrovata solo per caso tra alcuni pezzi dell’aereo. Quando i soccorritori arrivarono sul luogo dell’incidente, trovarono l’assistente di volo con i tacchi strappati dalle scarpe per l’impatto. Sopravvisse alla caduta ma perse molto sangue e riportò diverse fratture: al cranio, alle vertebre e alle gambe, rimanendo in coma per 27 giorni.

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali AP / East News

Guinness World Records l’ha riconosciuta come la persona che è sopravvissuta alla caduta più alta senza paracadute: 10.160 metri.

3. Aron Ralston, sopravvissuto 127 ore intrappolato da un masso

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Nel 2003 Aron Ralston decise di fare un’escursione nei pressi del Blue John Canyon in Utah. Quella che doveva essere una normale escursione per l’appassionato scalatore, si è trasformata in un vero incubo. Scivolando colpì un macigno che smuovendosi finì per cadere sul suo braccio, intrappolandolo. Ralston rimase bloccato per 127 ore. Dopo giorni in cui non poteva muoversi capì che l’unico modo per sopravvivere era tagliarsi il braccio. Recise pelle e tendini con un coltellino e spezzò di netto l’osso facendo leva sul masso che lo intrappolava. Una volta liberato percorse 12 km quando incontrò fortunatamente altri escursionisti che chiamarono l’elicottero che lo portò in ospedale.

4. Anna Bågenholm, la donna che è tornata in vita

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali YouTube , Pixabay

La dottoressa Anna Bågenholm sciava intorno a una cascata dove cadde a testa in giù nell’acqua gelata e rimase intrappolata sotto il ghiaccio per un totale di 80 minuti. All’inizio, la donna trovò una tasca d’aria che l’aiutò a respirare per circa 30 minuti. Rimasta solo con i piedi e gli sci fuori dall’acqua la radiologa andò in arresto cardiocircolatorio dopo 40 minuti. I soccorsi riuscirono a tirarla fuori solo dopo 80 minuti, nonostante fossero stati chiamati solo sette minuti dopo che la donna finì sotto l’acqua. In questo periodo di tempo la donna era andata in ipotermia. La sua temperatura corporea era scesa a 13,7° C, tra le più basse mai registrate in un sopravvissuto da ipotermia accidentale. Dopo essere stata salvata, fu trasportata in elicottero all’ospedale universitario di Tromsø, dove una squadra di oltre cento medici e infermieri lavorò a turni per nove ore per salvarle la vita. Bågenholm si svegliò dieci giorni dopo l’incidente, paralizzata dal collo in giù. La paralisi regredì e trascorse due mesi a recuperare in un’unità di terapia intensiva. La donna ha ancora problemi alle mani ed ai piedi ma non ha riportato danni cerebrali, nonostante il suo cuore sia stato fermo per oltre due ore.

5. Tsutomu Yamaguchi, sopravvissuto a 2 attacchi nucleari

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Il 6 agosto 1945, Tsutomu Yamaguchi si trovava ad Hiroshima per lavoro e doveva essere il suo ultimo giorno in città, ma il corso della storia era destinato a cambiare. Stava scendendo dal tram quando la prima bomba atomica venne sganciata. L’esplosione gli provocò notevoli lesioni, distrusse i suoi timpani, lo accecò temporaneamente e gli lasciò gravi ustioni sulla metà superiore sinistra del corpo. Appena 3 giorni dopo, tornato da sua moglie e dal figlio nella sua città natale, Nagasaki, venne lanciata una seconda bomba, chiamata “Fat Man”, che distrusse l’intera città. Anche sua moglie e suo figlio sopravvissero alla bomba. Yamaguchi nonostante i problemi relativi all’esposizione di radiazioni, si è lentamente ristabilito e ha continuato a vivere una vita normale con la sua famiglia.

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6. Roy Sullivan, il “Parafulmine umano”

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Roy Sullivan è stato l’uomo più fortunato o sfortunato del mondo, a seconda di come la si guardi. Nato a Greene County, Virginia nel 1912, Sullivan è stato Park Ranger dal 1936 fino al suo ritiro presso il Parco Nazionale di Shenandoah. Sebbene il suo lavoro come guardaparco lo sottopose ad un rischio leggermente più alto di essere colpito da un fulmine rispetto ad altre persone, l’uomo fu colpito da ben 7 fulmini, sopravvivendo ad ognuno. Il primo episodio avvenne nel 1942; Sullivan era in servizio in una torre antincendio quando durante un temporale diversi fulmini la colpirono incendiandola. Sullivan cercò di fuggire ma fu colpito da un fulmine a pochi metri dalla torre, che bruciò una parte della sua gamba destra ed un dito del piede, lasciandolo sanguinante e con un buco nella scarpa. Il secondo fulmine lo colpì nel luglio del 1969. Sullivan era di nuovo in servizio, stavolta guidando su una strada di montagna, quando un fulmine lo colpì dal finestrino aperto. I suoi capelli presero fuoco e perse conoscenza. Il camion fuori controllo continuò ad avanzare e si fermò vicino al bordo di una scogliera. L’anno seguente, mentre si trovava nel suo giardino, un fulmine colpì un trasformatore rimbalzando su di lui, ma si salvò di nuovo riportando delle bruciature sulla spalla sinistra. Il quarto fulmine lo colpì nuovamente in servizio. Durante una nuova tempesta di fulmini venne colpito sulla testa ed i suoi capelli presero fuoco. Il quinto episodio avvenne nell’agosto del 1973, sempre in servizio. Sullivan vide un temporale avvicinarsi minaccioso, cercò così di allontanarsi ma venne nuovamente colpito da un fulmine. Questo ennesimo incidente lo portò a credere che ci fosse qualcosa in lui che attraeva i fulmini. Venne colpito altre due volte, il 5 giugno 1976 ed il 25 giugno del 1977, riportando sempre bruciature sparse in varie parti del corpo. Ogni episodio in cui fu colpito da un fulmine venne verificato e documentato da diversi medici e Roy Sullivan resta nel Guinness dei primati come la persona colpita più volte da un fulmine. Sullivan morì il 28 settembre 1983 a causa di una ferita da fuoco autoinflitta.

7. Anatoli Bugorski, l’uomo colpito da un raggio di protoni

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Nel 1978, il fisico russo Anatoli Bugorski ebbe un incredibile incidente in cui un raggio di protoni lo colpì alla testa. Un acceleratore di particelle era stato usato per accelerare il raggio quasi alla velocità della luce. Il lato sinistro della sua faccia divenne estremamente gonfio e fu ricoverato in una clinica di Mosca. A quel tempo, nessuno era sicuro sul danno subito da Anatoli, perché nulla del genere era mai accaduto prima, ma la maggior parte dei medici pensava che Bugorski sarebbe probabilmente morto, viste le dosi fatali di radiazioni a cui era stato esposto. Bugorski non aveva alcun dolore al momento dell’incidente, ma ha detto di aver visto una luce che era più luminosa di qualsiasi altra cosa a cui avesse mai assistito. I danni che riportò furono la perdita dell’udito nell’orecchio sinistro e la paralisi del lato sinistro del viso. Sopravvisse e continuò a vivere una vita relativamente normale.

8. Ewa Wiśnierska, la donna che è stata risucchiata da una tempesta

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Ewa Wiśnierska è una esperta pilota di parapendio nota a livello internazionale. Nel 2007, stava compiendo un volo di allenamento nel cielo sopra Tamwoth per prepararsi ai campionati mondiali di parapendio, quando fu risucchiata da una tempesta. La donna perse il controllo del mezzo è venne trasportata dall’aria verso l’alto, ad una velocità di quasi 50 miglia all’ora, raggiungendo un’altezza di 32,634 piedi, più in alto della cima del Monte Everest. A causa della mancanza di ossigeno a quell’altitudine, svenne per quasi un’ora. Sorprendentemente, scivolò incolume a temperature di -40° C, mentre la grandine ed i lampi infuriavano. Dopo circa 40 minuti la donna si risvegliò ancora nel mezzo della tempesta, al buio. E seppur stordita e confusa per la mancanza di ossigeno, riuscì a riprendere il controllo del parapendio ed a ritornare a terra. E’ stata ritrovata poco dopo, ancora ricoperta di ghiaccio ma cosciente, felice di essere viva. “Direi che è la donna più fortunata al mondo in questo momento, senza esagerare”, ha detto l’organizzatore dei campionati, Godfrey Wenness. Oltre al congelamento, la pilota ha rischiato anche danni severi al cervello a causa della mancanza di ossigeno. Sicuramente la fortuna è stata dalla sua parte e secondo i medici il fatto che fosse svenuta l’avrebbe aiutata a sopravvivere rallentando la sua frequenza cardiaca e le sue funzioni corporee.

9. Joe Simpson, l’uomo che ha strisciato per giorni per salvarsi

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Joe Simpson e Simon Yates stavano salendo insieme sulle Ande peruviane quando Simpson scivolò e si ruppe una gamba. Yates cercò di riportare in salvo il suo amico usando una corda per calare Simpson giù dalla montagna, un tratto alla volta. Sopraggiunto il buio, Yates non si accorse di una sporgenza di ghiaccio sul percorso, così calò Simpson oltre la sporgenza, nel vuoto. Sentendosi tirare giù dal peso dell’amico, Yates fu costretto a fare una scelta. Doveva tagliare la corda per salvarsi. Miracolosamente, Joe Simpson atterrò su una sporgenza senza nuove ferite. Anche se era sicuro che sarebbe morto, non si arrese. Senza acqua né cibo e con una gamba rotta strisciò per 6 miglia e in 4 giorni riuscì a tornare al campo dove ritrovò di nuovo il suo amico Simon. Simpson è sopravvissuto ed ha persino scritto un libro e realizzato un film sul suo incredibile viaggio.

10. Louis Zamperini, il soldato che sopravvisse a uno schianto aereo, alla fame e a orribili torture

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Il 27 maggio 1943 un aereo B-24 dell’esercito dell’aeronautica U.S.A. in una missione di salvataggio nel Pacifico si schiantò in mare. Uno dei membri era il tenente Louis Zamperini che era un corridore a distanza che aveva gareggiato nelle Olimpiadi di Berlino del 1936. Zamperini riuscì a sopravvivere per 47 giorni solo mangiando pesci e acqua piovana. Poi lui e il secondo membro dell’equipaggio, il tenente Russell Phillips, furono trovati dalle forze giapponesi e le cose andarono ancora peggio. L’olimpionico subì orribili torture per mano di un sadico sergente di nome Mutsuhiro “The Bird” Watanabe. Nonostante l’orribile prova, Zamperini sopravvisse alla guerra e fu liberato nel 1945. Negli anni successivi, ebbe una conversione religiosa e cercò di incontrare Watanabe in Giappone per fargli sapere che lo perdonava, ma “The Bird” rifiutò di affrontare il suo vecchio nemico. Nel 2014 è uscito il film “Unbroken” che racconta tutta la storia di Zamperini.

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali La guardia carceraria giapponese Mutsuhiro Watanabe (a sinistra) e Louis Zamperini (foto a destra). Wikimedia Commons

11. Jean Hilliard, la donna che congelò per 6 ore

Persone Sopravvissute Ad Eventi Mortali Vickie Kettlewell/StarTribune

Jean Hilliard è rimasta congelata per ben 6 ore. Siamo a Lenby, nel Minnesota, Stati Uniti, 1980. Mentre Hilliard stava tornando a casa dopo un’uscita con gli amici, in una serata in cui la temperatura raggiunse i -22° C, la sua auto per un guasto si fermò in una zona completamente isolata. In un primo momento pensò di passare la notte in macchina ma poi, preoccupata dalla temperatura rigida, decise di provare a raggiungere a piedi la casa di un suo conoscente, che ricordava fosse da quelle parti. La casa in realtà era più lontana di quanto immaginasse e la ragazza stava congelando passo dopo passo. Hilliard arrivò nel cortile dell’abitazione e crollò a terra priva di conoscenza. Passarono sei lunghe ore quando un 19enne rinvenne il corpo completamente congelato di Jean. Una volta in ospedale i medici constatarono il grave congelamento, l’intero staff era piuttosto scettico su un suo risveglio. La ragazza era così congelata che non riuscivano a piegare una sola delle sue articolazioni. Inoltre se fossero riusciti a risvegliarla molto probabilmente avrebbe riportato gravi danni al cervello. Anche l’amputazione delle gambe era stata considerata tanto severa era la situazione. Invece trascorse due ore Jean riprese conoscenza, dopo una serie di violente convulsioni, con grande stupore di tutti, e 49 giorni dopo fu dimessa solo con qualche livido. Ad oggi il caso di Jean Hilliard non ha una spiegazione medica plausibile.

12. Juliane Koepcke, la 17enne che sopravvisse a uno schianto aereo

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Nella storia di Juliane Koepcke, oltre alla fortuna, fu determinante l’esperienza formativa che ebbe nella giungla da ragazzina. Quando aveva 14 anni si trasferì da Lima, in Perù, nelle giungle remote dell’Amazzonia. Il padre era uno zoologo e la madre un’ornitologa. Insieme i due costruirono una stazione di ricerca su palafitte nella giungla e in quel periodo insegnarono alla figlia come sopravvivere in quel luogo inospitale: come spostarsi con successo su terreni soffocati dal sottobosco e radici di alberi tentacolari, come indossare gli stivali preoccupandosi sempre prima di scuotere i ragni velenosi e come seguire l’acqua corrente se mai si fosse persa. In 18 mesi Juliane imparò ad affrontare una varietà di pericoli, dagli insetti velenosi, ai serpenti e i piranha, e a riconoscere le piante velenose. In seguito Juliane e sua madre tornarono a Lima dove la ragazza poté diplomarsi. La mattina della vigilia di Natale del 1971, Juliane, ormai 17enne, e sua madre si prepararono per il rientro a Panguana dove c’era il padre ad aspettarle. Tutti i voli erano prenotati, tranne quello del LANSA 508. Nonostante l’orribile reputazione sulla sicurezza della compagnia, incluso un precedente incidente l’anno prima dove erano morte 99 persone, e la richiesta di suo padre di non partire assolutamente con la LANSA, sua madre colse l’occasione e prenotò due posti, dichiarando: “Penso che andrà bene”. Decollarono da Lima poco prima di mezzogiorno e l’aereo di linea salì a circa 21.000 piedi. Poco tempo dopo però incontrarono una forte perturbazione. Gli oggetti ed i bagagli cominciarono a volare in aria e poco dopo, alle 12:36, un fulmine colpì l’ala destra e incendiò il serbatoio del carburante. La madre di Juliane si rivolse a lei e pronunciò le sue ultime parole: “Questa è la fine”. L’ala del LANSA 508 si spezzo e subito l’aereo scese in picchiata disintegrandosi. Juliane venne sbalzata fuori dal velivolo ancora legata al suo sedile. Poco dopo perse conoscenza. Precipitò per 3 chilometri prima di finire nella giungla sottostante, ma si salvò. Riprese conoscenza 19 ore dopo con un occhio gonfio, la clavicola rotta e alcune ferite alle braccia e alle gambe. Non si sa esattamente come sia sopravvissuta, ma in molti credono che la fila di sedili a cui è stata legata abbia avuto un ruolo chiave, probabilmente ruotando come un’elica mentre cadeva, rallentando la velocità di discesa. Probabilmente l’impatto è stato ulteriormente rallentato dai molteplici strati di vegetazione. Juliane si districò sola nella giungla per 10 giorni, fino a quando non incontrò un piccolo gruppo di pescatori locali che la portò nel loro villaggio. Il giorno dopo venne trasferita nell’ospedale di Pucallpa dove si ricongiunse con il padre, che l’aveva creduta morta. Juliane Koepcke in seguito si stabilì in Germania, dove ha studiato come i suoi genitori biologia all’Università di Kiel, laureandosi nel 1980. Ha conseguito un dottorato presso l’Università Ludwig-Maximilian ed è tornata in Perù per condurre ricerche in mammografia, specializzata in pipistrelli.

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