Nell’epoca vittoriana fare il tatuatore era un mestiere praticamente ancora da inventare. Ci pensò Sutherland Macdonald a farlo: già artista, nel 1889 aprì un negozio di tatuaggi ad Hamam Turkish Baths, al 76 di Jermyn Street di Londra. E nel 1894 dovettero inventare una nuova voce da inserire nelle Pagine Gialle di allora, il Post Office Directory, che unisse in se il concetto di artista e tatuaggio, e fu così che nacque la parola Tattoo Artist, in italiano Tatuatore.
Per quattro anni, Macdonald rimase l’unico professionista sotto quella voce e, come spiega Matt Lodder, docente presso l’Università dell’Essex, “non ci sono prove di un altro studio professionale in Gran Bretagna durante quel periodo”. Ma non fu solo il primo tatuatore professionista dell’epoca, fu anche un pioniere nell’uso del blu e del verde nel suo lavoro.
Macdonald, che iniziò a lavorare con strumenti manuali, brevettò anche una macchina elettrica ed ebbe come clienti personaggi famosi e appartenenti all’aristocrazia, tra cui, si dice, diversi dei figli della regina Vittoria, e i re di Norvegia e Danimarca. George Burchett, nel suo libro del 1953, Memoirs of a Tattooist, ha scritto che “Per quasi quarant’anni, teste incoronate e personaggi famosi hanno scalato la stretta scalinata di Jermyn Street per visitare Macdonald e farsi tatuare alcuni degli ornamenti più meravigliosi mai posti sulla pelle umana” e ancora “Un uomo gentile, ed intelligente che ha fatto amicizia con i suoi clienti, che lo hanno trattato da pari”.
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