Non ci stancheremo mai di meravigliarci della biodiversità che ci regala la Natura. Esistono, ad esempio, animali strani e bizzarri che ci affascinano con le loro caratteristiche uniche. Prendete ad esempio questo adorabile animaletto, il sengi somalo. Si tratta di una minuscola specie di toporagno elefante che ha fatto la sua apparizione nel Corno d’Africa, una penisola sul lato orientale del continente africano, dopo 50 anni di assenza.
Il sengi somalo, noto anche come macroscelide somalo (nome scientifico elephantulus revoili), ha le dimensioni di un topo. Questo animale è diventato una specie “estinta” dopo che l’ultimo esemplare è stato osservato nel 1968. Successivamente, si sono verificati altri avvistamenti, ma non sono mai stati confermati.
Questo piccoletto è il sengi somalo, e gli scienziati non lo vedevano da 50 anni
Immagine: Steven Heritage, Duke University Lemur Center
Ma ora, ecco la buona notizia: la bellissima piccola creatura è stata trovata viva e vegeta da un gruppo di scienziati della Global Wildlife Conservation a Gibuti, un paese nel corno d’Africa.
Gli abitanti di un paese nell’Africa orientale dicevano di vederlo ogni tanto, ma non ve n’era prova
Immagine: zoofanatic
Sono 20 le specie di toporagno elefante attualmente esistenti nel mondo, ma il sengi somalo è una delle più affascinanti e misteriose.
Immagine: Houssein Rayaleh, Association Djibouti NatureOltre al fatto che non si vedeva da 50 anni, le uniche informazioni in nostro possesso provenivano finora da 39 esemplari raccolti decenni fa e conservati nei musei.
Così, un gruppo di scienziati si è recato in quell’area, e ha trovato il sengi somalo
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Il sengi somalo è imparentato, più o meno lontanamente, con l’oritteropo, l’elefante e il lamantino.
Immagine: Smithsonian’s National Zoo
Quello che si sa di questo grazioso animale è che può raggiungere una velocità di 30 km all’ora e che, come potete vedere dalle foto, ha un naso simile ad una proboscide, che usa per succhiare le formiche. Il sengi somalo era stato in precedenza trovato solo in Somalia, da cui il suo nome.
Immagine: Steven Heritage, Duke University Lemur Center
Gli scienziati avevano sentito dire che l’animaletto si aggirava ancora nell’area di Gibuti, così, incuriositi, hanno deciso di indagare. Dopo aver chiesto informazioni dalla gente del posto e usando le loro nozioni fin qui acquisite, si sono recati nei luoghi dove erano maggiori le probabilità che vivesse il sengi somalo, e hanno sistemato delle trappole.
Immagine: Josh More
Così, un sengi somalo, attirato dal burro d’arachidi e dall’avena usati dai ricercatori come esche, è rimasto catturato proprio nella prima trappola che avevano sistemato.
Steven Heritage, ricercatore presso il Lemur Center della Duke University negli Stati Uniti, era uno degli studiosi che si sono recati nell’Africa orientale per cercare il sengi somalo. Raccontando il successo della loro spedizione, ha detto: “Eravamo davvero eccitati ed euforici quando abbiamo aperto la prima trappola che conteneva un toporagno elefante, un sengi somalo. Non sapevamo quale specie fosse presente a Gibuti, e quando abbiamo visto la caratteristica coda a ciuffo, ci siamo guardati e abbiamo capito che si trattava di qualcosa di speciale”.
Immagine: Smithsonian’s National ZooHoussein Rayaleh, un ricercatore ecologista e conservazionista di Gibuti che si è unito alla spedizione, ha spiegato che gli abitanti di Gibuti non hanno mai considerato i senghi somali “estinti” o “perduti” come hanno fatto gli scienziati. Ma il fatto che questa scoperta riporta l’animale nella comunità scientifica, è stato largamente apprezzato.
Immagine: Galen Rathbun, California Academy of Sciences
“Per Gibuti questa è una storia importante che mette in luce la grande biodiversità del paese e della regione, e mostra che qui ci sono opportunità per le ricerche scientifiche”, ha affermato.
Immagine: Houssein Rayaleh, Association Djibouti Nature
Ora, gli scienziati hanno in programma di organizzare un’altra spedizione per il 2022 con lo scopo di tracciare con il GPS i singoli sengi somali per studiarne il comportamento.
Immagine: Smithsonian’s National Zoo
Il team di studiosi ha precisato che al momento non ci sono minacce per l’habitat di questa specie, ed è quello che noi di Keblog volevamo sentire.
Immagine: Steven Heritage, Duke University Lemur Center
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